Jacopo Palma il Giovane
(Venezia 1544-1628)
Pasquale Cicogna riceve l’annuncio della sua elezione al dogado
1586 ca olio su tela, cm. 369 x 262
Anche per questo secondo telero che vede protagonista il procuratore Pasquale Cicogna, munifico benefattore del “pio luogo” dei Crociferi, ci possiamo servire delle parole dello storiografo Carlo Ridolfi (1648) per comprendere l’episodio narrato: «[…] mentre egli [Pasquale Cicogna] è presente alle divine lodi cantate da Padri medesimi, un fanciullo gli reca la nuova della sua creatione […]». È il 18 agosto 1585; il procuratore, inginocchiato ai piedi dell’altare della chiesa dei Crociferi, in compagnia di alcuni padri dell’Ordine, riceve l’annuncio della sua nomina al dogado.
Una preziosa testimonianza figurativa – accompagnata da un disegno preparatorio passato in asta Sotheby’s nel 1968, nel quale compare un’iscrizione analoga ad avvalorare il racconto – ambientata, in questo caso, non più all’interno dell’oratorio, ma nella chiesa dei Crociferi; da questa raffigurazione pittorica siamo in grado di ricostruire l’originale assetto della cappella maggiore prima della sua distruzione, persino con il particolare fedelmente riprodotto dell’Apostolo all’estrema sinistra nel dipinto con l’Assunta di Jacopo Tintoretto (ora visibile nella chiesa di Santa Maria Assunta, detta dei Gesuiti, nell’altare del transetto).
È indubbio che le tele dell’oratorio legate alle vicende di Cicogna, occupino un posto a sé nella complessa, camaleontica attività del pittore; con questo secondo dipinto abbiamo infatti la conferma della capacità di Palma il Giovane di prendere distacco dal linguaggio manierato di quegli ultimi decenni del Cinquecento, dando libero sfogo alla sua naturale inclinazione di raccontare con semplicità i fatti della realtà quotidiana. Un aspetto del suo fare pittura poco considerato o, quantomeno, poco valorizzato; almeno fintanto che non ci si trovi al cospetto di questo ciclo pittorico che ci conferma il felice esito derivante dall’istintiva adesione del pittore alla realtà che lo circonda, agli uomini, alle cose.
Un altro aspetto fondamentale sotteso alla decorazione dell’oratorio, è la maestria che il Palma dimostra nei confronti della ritrattistica: anche se gli esempi noti sono scarsi, non possiamo non accorgerci di quanto il pittore rimanga affascinato dall’individuo colto nella sua oggettività naturalistica, e di quanto virtuosismo egli dimostri nel restituire sulla tela, coadiuvato dall’uso di una materia densa e ricca d’impasto, l’intensità espressiva di ognuno di quei volti, colti nelle espressioni più diverse, in cui spiccano gli occhi penetranti.
Viene da chiedersi come il pittore sia giunto a questi esiti, dato che nessun elemento figurativo nella Venezia di allora poteva servirgli da stimolo. Come giustamente ha osservato Stefania Mason (1984), è assai probabile che egli abbia spostato il suo interesse verso altri centri italiani – in primo luogo la Bologna dei Carracci – dove trovare paralleli che lo potessero ispirare e gli suggerissero la lucidità narrativa e l’equilibrio formale che gli hanno consentito di giungere agli alti esiti qualitativi di questi teleri
Anche sotto questo dipinto è riportata un’iscrizione che recita: “dum sacra peraguntur mysteria, adolescens quidam improvisus nunciat pascali ciconia d.m. procur. patres in locum de mortui ducis substituisse; confirmaturque magni scribae et duorum a secretis adventum sceptrum ferentium xviii augusti 1585”.