THE PHAROS FLOWER – Narine Arakelian
a cura di Pier Paolo Scelsi
Venezia, Corte Contarini del Bovolo
10 maggio 2019 – 25 agosto 2019
aperto tutti i giorni 10.00 – 18.00
Nella dimensione sociale di oggi, che ci presenta una perenne insicurezza e un equilibrio labili tra crisi e progresso, Narine Arakelian focalizza la sua ricerca sull’elemento umano e femminile nell’era della comunicazione digitale, quando le informazioni circolano molto rapidamente e di conseguenza le persone diventano più solo, “Arte” rimane un elemento di comunicazione e continuità, capace di stabilire e rendere chiaro il legame tra passato e futuro, un dialogo tra opere d’arte contemporanea e creazioni antiche. L’elemento che è il fulcro di questo progetto è il “Faro”, presagio di simbologie fortissime ed evidenti e forti suggestioni in una dimensione storica sociale contemporanea che vede nel “mare” uno spazio di movimento di massa. Luce come riferimento a una direzione, a una porta, che in questo caso diventa un temporale, un momento di atterraggio tra il passato-presente e il futuro. Ma anche luce come simbolo della dimensione umana personale, culturale e sociale, oltre a raccontare il Premio Nobel per la letteratura Pierluigi Pirandello nel romanzo “Fu Mattia Pascal” del 1904 nel famoso passaggio del “Lanternino Sofia”
l simbolismo del Faro, che ritorna e ritorna nella storia della letteratura, si estende a una dimensione umana più intima, come in Virginia Woolf nel cui romanzo “To the lighthouse” pubblicato nel 1927 Il faro è senza dubbio una metafora della vita, di un ‘esistenza che, per quanto caotica e dolorosa, ha due punti di riferimento incontrovertibili: accettazione e sofferenza, nascita e morte. Tuttavia, l’intermittenza del lampo è sempre un messaggio di speranza: c’è sempre una rinascita, un lampo che irrompe nella notte.
Il lavoro “site specific” di Narine si estende a tutta la struttura dell’antica scala di Palazzo Contarini del Bovolo: in questo contesto, unico e assolutamente iconico nella dimensione architettonica Veneziana, l’artista innesta il suo intervento andando a posizionare, su molti degli archi che compongono la facciata, dei diaframmi colorati.
Se questi punti, queste brecce, di colore da un lato amplificano e aumentano il climax emotivo che porta alla cima e all’installazione del faro, dall’altro divengono “filtri”, percezioni dell’ambiente, della città e della società con la quale i visitatori del monumento saranno portati gioco forza a correlarsi.
Un’opera da concepirsi quindi anche come opportunità di una visione esterna, che regala una Venezia che si tinge di decine di colori e sfumature diverse, laddove il colore non può che essere simbolo valoriale e agente specifico per poter raccontare la varietà, le sfumature che si innestano l’una nell’altra di cui la società moderna, come antica, sono composte.
L’esame e il racconto della società moderna e della dimensione umana, femminile, nella società moderna continua poi nelle sale espositive del palazzo.
L’installazione pone al centro una figura femminile, volutamente priva di un’evidente e immediatamente riconoscibile identità. E’ una donna, e al tempo stesso è simbolo della Donna, la cui linea sinuosa, perfetta quanto foriera dello stereotipo della perfezione, vede il suo corpo avvolgersi da un drappo di tessuto, altro elemento riferibile alla tradizione e quindi al passaggio da passato a futuro. Questo elemento tessile partendo dal fondo della sala si squaderna in un susseguirsi ritmico di singole parole, che in un gioco di aggiunta e privazione di singole lettere partono dal termine inglese Love, per scansire un elenco di valori ed elementi della società fino ad abbracciare, stringere ed sviluppare il corpo dell’installazione.
La dimensione intima e spirituale, evidente nei dipinti racchiusi e protetti dalle grate dei confessionali, la solitudine dell’essere umano e della donna, si infrange e si declina in un’ infinita variazione e infinite direzioni nell’opera dirimpetto all’installazione principale. Qui troviamo per la prima volta l’elemento del vetro, ulteriore filtro, diaframma ma allo stesso tempo, nuovamente, elemento artigianale della tradizione e simbolico di una produzione la cui ritualità non può prescindere da una dimensione introspettiva e i cui tempi trascinano verso una dimensione meditativa di cui la nostra società sta perdendo le tracce.